Kundun
Descrizione
Tibet, 1937. Il piccolo Lahmo, il cui nome in tibetano significa "Colui che protegge", è un innocente bambino di appena due anni dal carattere molto vivace che vive in un remoto e anonimo villaggio della provincia di Amdo, di fronte al confine con la Cina. Ultimo di una generazione numerosa, è nato in un periodo di forti carestie a danno dei più poveri in una famiglia di contadini, e due dei suoi fratelli studiano in un monastero.
Un giorno la sua casa viene visitata da un lama travestito da servitore in viaggio per Lhasa, capitale del Tibet e centro del lamaismo, insieme ai suoi collaboratori. L'uomo è un alto funzionario del governo al servizio del reggente, Reting Rinpoce, che l'ha mandato alla ricerca della reincarnazione del tredicesimo Dalai Lama, morto da alcuni anni in un periodo molto critico della storia tibetana. Il bambino dimostra di possedere familiarità con questo insolito visitatore, tanto da sostenere di possedere il rosario che gli vede tra le mani, un tempo posseduto dal "Grande Tredicesimo". Il monaco dimostra un interesse molto particolare per Lahmo e lo studia con grande attenzione. Il giorno successivo, quando il religioso parte, il bambino piange disperatamente chiedendo di poterlo seguire, tanto che la madre conferma che da tempo dice di voler andare a Lhasa.
Poco tempo dopo, il lama ritorna da Lahmo con alcuni maestri e aristocratici di Lhasa, disponendo su di un tavolo una serie di oggetti, chiedendogli quali siano stati di sua proprietà. Vi è infatti una seria probabilità che questo semplice piccino sia la reincarnazione del Dalai Lama. Lahmo li riconosce uno per uno, scartando quelli che non erano appartenuti al Dalai Lama defunto: è la conferma che il bambino è il nuovo Dalai Lama, reincarnazione di Chenrezig e di tutti i Dalai Lama che lo hanno preceduto.
Due anni dopo, nel 1939, il bambino viene portato a Lhasa dal reggente Reting, il quale lo insedia come quattordicesimo Dalai Lama, preparandolo agli studi per fare di lui un monaco buddhista secondo l'antichissima tradizione e, al raggiungimento della maggiore età, capo del governo e della religione del Tibet. Lahmo viene ora chiamato "Buddha della Compassione", "Gemma che Esaudisce i Desideri", "Prezioso Protettore". Il piccolo Dalai Lama, ora da tutti chiamato Kundun, in tibetano la Presenza, vive così nel palazzo del Potala, praticamente isolato dal mondo esterno e dai brucianti cambiamenti sociali e politici che stanno stravolgendo il suo Paese, e viene educato sotto la tutela di Taktra Rinpoce, di Phala, di Pompo e di Norbu, che gli svelano i segreti del Buddhismo tibetano e delle tecniche di meditazione, indispensabili per conseguire il Nirvana.
Un giorno però, complici alcuni oscuri presagi profetizzati dagli oracoli regolarmente consultati dal governo, Reting Rinpoce viene allontanato da Lhasa e rimosso dalla carica di reggente, in quanto ritenuto inadatto al ruolo. Gli oracoli precisano che se Reting non si allontana dalla capitale per dedicarsi alla preghiera, morirà. Il piccolo Dalai Lama, durante una lezione, impone così Taktra, il suo anziano e severo ma affezionatissimo maestro, come nuovo reggente del suo governo. Gli anni trascorrono, e Kundun studia dimostrando di essere un buon discepolo, fino al giorno in cui l'ambizioso Reting, a capo di alcuni monaci del monastero di Sera armati, attenta alla vita di Taktra, senza però riuscire a ucciderlo. L'ex reggente viene incarcerato al Potala, dove muore poco dopo, e il Dalai Lama, per quanto giovane, dimostra da questo momento una maggiore attenzione verso le questioni relative alla società e al governo. Il suo primo ordine è di allontanare i cinesi dal Tibet: dopo i vari e tenaci tentativi del passato a cui sono seguiti anni di calma relativa nei loro rapporti, la Cina sta infatti cercando nuovamente di estendere il proprio controllo sul regno delle montagne.
Mentre la Cina è scossa dalla guerra civile e finisce regione per regione sotto il controllo di Mao Tse-Tung, il giovane Kundun scrive una lettera al Presidente degli Stati Uniti, il signor Truman, nella speranza che un giorno gli Stati Uniti affiancheranno il Tibet per garantirne l'indipendenza, ma un improvviso lutto lo segna: la morte del padre, di cui compie i riti funebri su richiesta della madre. Nel 1949 Mao e i suoi comunisti prendono il controllo totale della Cina che, sotto di lui, dopo un periodo di guerre e frammentazioni, si riunisce nella nuova e potente Repubblica Popolare Cinese e il suo primo decreto è l'annessione del Tibet: il Dalai Lama dovrà accettare di essere un funzionario della "madrepatria" cinese, cedendo in tal modo la questione della difesa e dei rapporti internazionali all'attenta supervisione del governo di Pechino. Kundun è però di parere contrario: secondo lui, il Tibet non è in nessun caso parte della Cina.
Nel momento in cui interpella le divinità tutelari, secondo le consolidate usanze tibetane, Taktra informa il quattordicesimo Dalai Lama dell'avanzata delle truppe cinesi a Chamdo, ma subito dopo giunge una notizia ancora più drammatica: alcuni funzionari locali e alti dignitari del governo avrebbero firmato un accordo in diciassette punti a nome e per conto del Dalai Lama, che in realtà non era stato interpellato. Kundun incontra il generale cinese Chang Jing Wu, ma rifiuta di firmare l'accordo, facendo addirittura una tenace e spiazzante scena muta di fronte agli stranieri, che se ne vanno infuriati. L'anno dopo, il 17 novembre 1950, accetta di essere incoronato Dalai Lama, assumendo pieni poteri governativi e religiosi, nonostante all'inizio avesse espresso il desiderio di essere investito una volta compiuti i diciotto anni, come avvenuto per tutti i Dalai Lama prima di lui. Subito dopo l'intronizzazione si trasferisce al monastero di Dunkhar, al confine con l'India.
Dopo aver nominato i due primi ministri, il Prezioso Protettore invia delegazioni in Cina, Stati Uniti, Nepal, Gran Bretagna, India e all'Onu, perché venga riconosciuta al Tibet la sua legittima indipendenza, ma nessuno degli interpellati accorda il proprio aiuto al Tibet. Sconfortato, Kundun accetta di andare a Pechino per incontrare il presidente Mao in persona. Il giovane re-monaco rimane abbagliato dallo sviluppo industriale dei cinesi e confida nelle promesse del governo comunista, sostenendo che l'insegnamento del Buddha e il socialismo possono conciliarsi a tutti gli effetti. All'inizio, Mao si dimostra affabile e cordiale, tanto che il Dalai Lama spera di poter mediare con gli occupanti, diminuendo il peso dell'invasione, ma durante l'ultimo incontro, il presidente cinese sostiene che la religione sia veleno, l'oppio dei popoli.
Deluso, Kundun torna a Lhasa, dove ancora tenta la mediazione, ma i cinesi, ora guidati dall'odioso generale Tan Kuan-Sen, hanno inasprito la morsa sulla popolazione: distruggono monasteri e uccidono monaci e civili, indistintamente. Tutti gli alti dignitari del governo, sia monaci che nobili feudali, sono timorosi che i cinesi lo possano uccidere e lo convincono a lasciare il Tibet alla volta dell'India, dove avrà più probabilità di servire la causa tibetana efficacemente. Travestito da soldato, dopo aver consultato l'oracolo Nechung, il Dalai Lama scappa durante la notte alla volta dell'India, scortato da alcuni monaci e guerrieri di Kham.
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