Nato il sei luglio 1935, in un piccolo villaggio del nord-est del Tibet, Tenzin Ghiatso viene riconosciuto, prima ancora di aver compiuto tre anni, come la reincarnazione dei suoi tredici predecessori, manifestazioni terrestri di Cenresig, bodhisattva della compassione.
A quattro anni Tenzin Ghiatso viene posto sul trono di Lhasa, capitale del Tibet, con lo scopo di assumere, all’età consentita, la direzione del suo popolo. A sei anni diviene monaco e riceve un’educazione estremamente qualificata, per essere formato spiritualmente e preparato a dirigere il paese.
Nel 1949 la Cina invade il Tibet e il popolo tibetano reclama l’assunzione dei pieni poteri da parte del Dalai Lama che è ancora adolescente. Molto presto, a dispetto di tutti gli sforzi compiuti per un dialogo aperto, egli comprende che un’intesa fra la Cina e il Tibet si rende più che mai difficile. Rifiuta tuttavia ogni lotta armata, certo che le conseguenze potrebbero essere catastrofiche e rimane fedele all’intento del Buddha, facendosi portavoce di un’assoluta non violenza. Sorge comunque una resistenza organizzata e si moltiplicano gli attacchi dei combattenti per la libertà, presto seguiti da repressioni senza pietà da parte della Cina. E’ in questo clima particolarmente teso che Tenzin Ghiatso supera brillantemente il suo dottorato in studi buddhisti e riceve il titolo universitario più elevato: ghesce larampa.
Qualche giorno più tardi i cinesi gli tendono una trappola: temendo per la vita del suo Capo, il popolo tibetano si raggruppa davanti al Palazzo d’estate del Dalai Lama, il Norbulinka. I cinesi si preparano ad attaccare la folla e a bombardare la città. Il Dalai Lama deve rassegnarsi a fuggire sperando così di evitare un massacro…che ha luogo nonostante tutto. Pandit Nerhu lo accoglie calorosamente e gli offre asilo politico in India, così come lo offre agli ottantamila tibetani in fuga dalle persecuzioni cinesi.
Oggi il Dalai Lama risiede a Dharamsala, un villaggio situato nell’Himalaya indiana, da dove dirige il governo in esilio, continua a insegnare il buddhismo e si sforza di responsabilizzare gli altri paesi e l’ONU alla causa del Tibet e della pace. Egli non tornerà nel suo paese sino a quando non sarà in grado di garantire la felicità dei tibetani. Nel dicembre 1989 Sua Santità ha ricevuto il Premio Nobel per la pace in omaggio alla sua battaglia non violenta per la libertà della sua terra.
Ha dichiarato pubblicamente che non assumerà alcuna posizione ufficiale in un futuro Tibet libero, al fine di facilitare l’instaurazione e lo sviluppo di una sana democrazia. Lungi dall’essere un idealista dai dolci sogni (ne è una prova la sua attitudine realistica e pratica) il Dalai Lama crede all’edificazione di un mondo più pacifico, più umano e più bello.
Dice di lui Robert Thurman, professore della Cattedra Je Tzong Khapa di studi indo-tibetani alla Columbia University:
Sua Santità Tenzin Gyatso, 14° Dalai Lama del Tibet, possiede varie identità principali. E' un monaco buddhista nell'ordine religioso fondato da Buddha Shakyamuni intorno al 525 a.C. e riportato alla sua integrità, in Tibet, da Lama Tzong Khapa nel 1400. E' una reincarnazione del Buddha Avalokiteshvara, una manifestazione illuminata della compassione universale. E' il re del Tibet, tragicamente in esilio dal 1959, quindi il difensore dei diritti e delle libertà del suo popolo. E' anche un maestro vajra dei mandala esoterici del tantra dello yoga supremo, specialmente del Kalachakra (la ruota del tempo), quindi profondamente e forse profeticamente coinvolto nell'evoluzione positiva di tutta la vita intelligente, nel nostro sacro ambiente su questo pianeta.
Per le sue doti d’intelligenza disarmante, profonda comprensione e convinto pacifismo, il Dalai Lama è uno dei più rispettati leader spirituali viventi. Nel corso dei suoi viaggi, ovunque egli si trovi, supera ogni barriera religiosa, nazionale e politica, toccando il cuore degli uomini con l'autenticità dei suoi sentimenti di pace e di amore, di cui si fa instancabile messaggero.
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