Invasione, occupazione, esilio;A proposito del buddhismo tibetano hanno circolato a lungo in Occidente, e in una certa misura circolano ancora, due immagini completamente sbagliate. Per alcuni il buddhismo del Tibet, con la sua iconografia piena di dei e demoni irati, rappresenta una corruzione del buddhismo “originario”, che si sarebbe mescolato a elementi “pagani” tipici di una cultura locale pre-buddhista. Per altri, al contrario, in Tibet –un paese a lungo chiuso agli stranieri e, fino all’invasione cinese del 1950, immune dal colonialismo- si sarebbe conservato il buddhismo più genuino e profondo. Proprio l’invasione cinese, e la brutale repressione dell’insurrezione popolare del 1959, hanno determinato –insieme al tragico esilio di tanti tibetani- l’arrivo in tutto l’Occidente (Italia compresa) di lama e intellettuali buddhisti nati in Tibet, rendendo la discussione sul buddhismo tibetano un argomento direttamente rilevante sia per i molti occidentali che fanno di questa forma buddhista la loro religione, sia per coloro –ancora più numerosi- che sono comunque affascinati dalla figura del Dalai Lama e dai numerosi testi che presentano l’arte, la religione e la cultura tibetana a un pubblico sempre più vasto. Uno dei maggiori esperti occidentali della religione e della lingua tibetana, Donald S. Lopez, ne riassume qui la storia e la dottrina n modo rapido ma esauriente: senza timore di affrontare gli argomenti più controversi e di smentire qualche mito diffuso fra chi conosce il buddhismo tibetano solo dalle sue presentazioni più divulgative o “turistiche”.